Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/279

Da Wikisource.

eruditissime ed elevatissime di Vostra Signoria illustrissima, le quali, non ho riparo di confessare, ho sempre piú ammirate che intese, facendo buon uso della regola magistrale di sant’Agostino, il quale, parlando principalmente della profonditá delle divine scritture e proporzionalmente dell’opera de’ grandi ingegni, insegna egli che bisogna, quando non si comprendono alcune cose, confessare che non s’intendano, e non giá, perché non si capiscono, censurarle o notarle d’ incoerenza o d’errore, procurando sempre di meglio studiarle per meglio capirle. Ed io, per ispiegare con un esempio volgare la confusione che genera l’abbondanza delle cose, soglio valermi di ciò che mi accadde nel vedere e rivedere tante volte la gran basilica di San Pietro, che, piú e piú cercandone e ricercandone, sempre piú e piú mi parea di ritrovarci cose nuove e migliori; e ’1 medesimo sperimento quando rileggo alla scordata l’istessa mia opera di cui ragiono, né io me ne maraviglio quando rifletto a quanto ci è dentro, tanto che non mi par vero che ci sia tutto, giacché, avendola rifatta ben nove volte, dopo averla giá fatta alla prima, certo che, per conto fatto a mio diletto, vi ho aggiunte per ogni volta piú di mille cose o parole. E da ciò viene, come sempre ho pensato, che certe opere che son cosi piú stagionate, si leggano e si rileggano sempre con diletto e con profitto, perché par che vi si ritrovi sempre e vi s’ impari qualche cosa di piú, e questa novitá ne fa il diletto, sicché quello che ne fa sazietá per un verso, ne fa gola per l’altro; la qual gola ritorna dopo che se n’è digerita la sazietá, come tornando sempre la mente satolla dalla svogliatura alla voglia, e per lo contrario. Ma non è giá che io creda che l’opera mia sia delle si fatte, se dico solo che ho procurato di farla con questo gran disegno, non ostante che io fossi certo che mi sarebbe fallito in ciò, siccome è accaduto ai piú, e per cui non è poco che Vostra Signoria illustrissima ne parli bene: dico bene, perché tanto mi basta, perché il piú del bene eh’ Ella ne dice, non mi tocca se non per gentilezza, di che io sempre piú ne la ringrazio e gliene prometto una gran memoria. Al qual debito aggiungo l’altro del gentilissimo gradimento che mi palesa