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POESIE VARIE

di cui s’ ingemman le celesti logge,

s’albergare qua giú vogliono i dèi,

ov’alberghin i dèi non sembra degna?

e quell’argentee ed ampie mense, dove

l’arte emulando il nostro alto potere,

l’ indiche canne e i favi d’Ibla e Imetto

presse di eletti cibi

in mille varie delicate forme,

le quai soavemente

si dileguan sui morsi,

si dileguan tra i sorsi,

non somiglian le nostre eterne, dove

bevesi ambrosia e nettare si mangia,

che quali noi vogliam danno i sapori?

Tutto a questo simil, dolce concento

di voci, canne e lire

risuonan di Parnaso

le pendici e le valli,

quando cantan le muse e loro in mezzo

tu tratti l’aurea cetra, o biondo Apollo.

Ma questi regi sposi,

de’ rari don del cielo

quant’altri mai ben largamente ornati,

di tai mortali onori

di gran lunga maggiori

degni pur son d’un nostro dono eterno;

onde adorniamo in essi

i nostri stessi eterni don del cielo.

I terreni regnanti,

che stanno d’ogni umana altezza in cima, stiman sovente di salir piú in suso scendendo ad onorare i lor soggetti; e i terreni regnanti son pur essi soggetti a’ sommi numi, e, perché sol soggetti a’ sommi numi, han stabilito i sommi regni in terra.