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che d’ogni qualitá mortai disciolto, per lui n’abbia anco a vii scettro regale le lor alte, immortali opre d’ingegno.
Perché si divolgáro le loro alte immortali opre d’ingegno, né in Pindo né in Parnaso ebber piú templi e regni e propie terre, ma profane e private andáro da per tutto egre e raminghe l’alte figlie di Giove, e ne le regie corti, a’ caldi prieghi di ben vista pace util vie piú di gloriosa guerra, radi e brievi ricovri elle trováro; il perché ne saran chiari mai sempre e gli Augusti e gli Alfonsi ed i Leoni, e i prenzi ne vivran tutte l’etadi, e Roveri ed Estensi e Medicèi.
Or se le somme laudi, onde si ornáro a’ prischi tempi giusti i sommi numi, le magnanime donne e i forti eroi, or son maniere di laudar volgari, quai maschere talor senza subbietto di Diane, di Veneri e di Alcidi; che pur di voi mi resta dir, gran donna, torre d’alta onestá, d’alto savere, cui modestia cortese orna i costumi, cui gravitá gentil gli atti compone, cui dottrina e pietá veste i pensieri e forma il favellar leggiadro e saggio? Che ’n questa etá di raffinati gusti, o gran Marina, voi ne rassembrate sabina donna in attiche maniere.
Queste son vostre laudi e propie e vere.
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