Pagina:Vicramorvasi.djvu/11

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IO VICRAMÒRVASI. — ATTO I. CtTRALÉCA. Pururàvasa. ClTRALÉCA. Pururàvasa. ClTRALÉCA (- Io scorgo il corro del gran re, quel carro Che del dio Soma è dono; Gii la pelle del daino all’aria tesa — Vessillo del gran re — da lungi appare... Oh! se quell’ardua impresa Or non avesse il prode sir compita, Come in un tratto qui potria tornare? (le Apidrase fanno segni d'augurio, guardando alla volta del carro) (indi entrano sulla scena il re e l’auriga col carro; Urvdsi, appoggiala al braccio destro di Ctraliea, ha gli occhi chiusi dallo spavento). Fa core, amica miai O mia vezzosa, via, fitti coraggio ! D'ogni terrore, o timida, Libera alfin tu sei; Gii son disfatti i perfidi Nemici degli dei: Quel dio che il fulmin regge, Col suo potere il triplice Mondo tnttor protegge. Or tu dischiudi l’ampie Ciglia, siccome, quando In ciel si va la tènebra Notturna diradando, Si suole, in mezzo al prato, Della ninfea dischiudere Il calice odorato I Qual meravigliai Dal respir soltanto N’appare in lei la vita Ahi! ch’ella i sensi non ripiglia ancora! Ben forte fn dai perfidi atterrita. Svela del core i bàttiti frequenti Di fior’ di corallina il vago cinto, Che infra le mamme turgide, fiorenti S’agita a quando a quando risospinto. pietà). Urvasi, in te ritorna; Un’Apsàrasa inver tu più non sembri. Pari a tenero fior quel cuore anelo Per tema e ancora a palpitar costretto, E lo tradisce il lembo di quel velo Che si leva e s’abbassa in mezzo al petto. (Urvasi rinviene). VICRAMÒRVASI. —