Pagina:Vicramorvasi.djvu/25

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I. Citralèca. Urvàsi. Manàvaco (al re). E se quel volto pingcrò, si pregno Di lagrime sarà quest'occhio mio, Che la pupilla dal gran pianto ingombra Del caro aspetto non vedrà che un’ombra. Udisti dunque? Udii, Ma non è pago il core! Non so un consiglio ritrovar migliore. Pururàvasa (sospirando). Urvàsi. Citralèca. Manàvaco. Pururàvasa. Manàvaco. Pururàvasa. Manàvaco. Urvàsi (fra ii). Purur. (leggendo). O quella ninfa ignora La ferita d’amor che m’addolora, O dal divino suo potere avvezza Tutto a saper, l’affanno mio disprezza. T’allegra dunque, Amore, Tu che un vano desio m’hai posto in core! Tu che ponesti in lei cotal diletto Donde cogliere nn frutto invan m’aspetto I Che ascolto ! Adunque il sire A me volge il pensiero? Andargli incontro? Ah no, non ho l’ardire... Che far?... Sovra una foglia di betulla Col mio potere imprimerò uno scritto Per lanciarlo a’ suoi piedi Oh sì, ch'ir ben pensatoi (Urvdsi fa atto di tcriverc mila foglia e poi la [dall'altra parte delta scena] [latria cadere). Qual meraviglia I Ahimè I Che sarà mai ? D’un serpente è la spoglia Foss’ei venuto giù per divorarmi ? No, t’inganni : è una foglia Di betulla e uno scritto reca impresso Oh! Che? La ninfa bella, Mossa alfine a pietà de’ tuoi lamenti, Avrebbe, là, su quella Foglia per te segnati D’amor teneri accenti Senza mostrarsi a noi ? Tutto è concesso A divina natura I (prende il foglio e legge con gioia). Hai colpito nel segno Or che v’è impresso Almen saper vorrei. Cortese invero, o mio braman, tu sei. [dall'altra parte] « Qual tu signore, amasti Me ch'ho ignorato l'amor tuo finora. Desiosa di te fui sempre anch’io ; VICRAMÒRVA