Pagina:Vita di Dante.djvu/416

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al settimo cerchio, ei fa di tal dirupata discesa il paragone seguente:

Era lo loco, ove a scender la riva
Venimmo, alpestre, e per quel ch’ivi era anco1
Tal ch’ogni vista ne sarebbe schiva.

Qual’è quella ruina che nel fianco
Di qua da Trento l’Adice percosse
O per tremuoto o per sostegno manco;

Chè da cima del monte onde si mosse
Al piano è sì la roccia discoscesa,
Che alcuna2 via darebbe a chi su fusse;

Cotal di quel burrato era la scesa.

INF. XII. 4-13.

Certo, è questa tal descrizione da far molto probabile che il luogo fosse stato veduto dallo scrittore; nè potè esserlo se non durante questa dimora del 1303 e 1304, la sola ch’ei facesse in quelle regioni prima di pubblicare l’Inferno. S’aggiungono poi altre memorie e tradizioni, che fosse l’esule poeta ospitato tra quelle alpi ne’ castelli di Guglielmo di Castelbarco, e di Lantieri di Paratico, e percorresse peregrinando

  1. Il mostro Minotauro che guardava quel VII cerchio.
  2. Alcuna per niuna intendono i migliori.