Pagina:Vita di Dante.djvu/448

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66 capo terzo

ma toglieva le discordie; non pensava ad esaltar parenti, non a procacciar moneta, e più all’indulgenza che al rigore era portato il benigno animo suo"1. Certo, era questa miglior indole da piacere, che non quella del magnanimo peccatore; e Benedetto, pacificatosi con li Colonna e con Francia, si rivolse a Firenze, uno de’ fuochi di discordia. Mandòvi di Perugia a legato il cardinale Ostiense Niccolò da Prato, frate predicatore ancor esso:"di piccioli parenti, ma di grande scienza; grazioso e savio, ma di progenie ghibellina"; ondechè fu spedito ad istigazione de’ Bianchi e Ghibellini, e giunse a Firenze addì 10 marzo 13042. Nella quale, intanto, come già i Guelfi vittoriosi s’eran divisi tre anni innanzi, così ora la parte Nera vincitrice s’era di nuovo suddivisa. Messer Corso Donati, non mai contento, era a capo de’ Grandi, naturalmente malcontenti finchè durasse la maggioranza de’ popolani. E messer Rosso della Tosa era a capo di questi, che Dino chiama il popolo grasso, e Giovanni Villani i buoni huomini di Firenze3.

  1. Mur. Ann., all’anno 1304. Conf. con Dino, p. 509.
  2. Dino, pp. 509-510.
  3. Dino, pp. 509-510; Vill., p. 401.