Pagina:Vita di Dante.djvu/733

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mio ripatriamento. E a voi tanto più strettamente m’avete con ciò obbligato, quanto più rara sorte è agli esuli il trovare amici. Ma al contenuto di quella lettera io rispondo; e se non forse nel modo che sarebbe voluto dalla pusillanimità di taluni, chiedovi affettuosamente, che, prima di giudicarne, voi esaminiate in vostro consiglio la mia risposta. Ecco, dunque, che per lettere del vostro e mio nipote1, e di parecchi altri miei amici, mi è significato: che, per un ordinamento testè fatto in Firenze sull’assoluzione degli sbanditi, se io volessi pagare certa somma di denari e patir la taccia della offerta, potrei esser assolto e tornare subitamente. Nel che, per vero dire, son due cose da ridere, e mal consigliate da coloro che tutto ciò espressero; imperciocchè le vostre lettere, con più discretezza e miglior consiglio formulate (clausulate), non contengono nulla di tale. Ed è ella questa quella rivocazione gloriosa, con che Dante Allegherio è richiamato alla patria, dopo quasi tre lustri di esilio sofferto? Questo ha meritato una innocenza

  1. O forse: di voi, e del mio nipote.