Pagina:Vita di Dante.djvu/803

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Non è il mondan rumore che un fiato
Di vento, ch'or vien quinci ed or vien quindi,
E muta nome perchè muta lato.
Che fama avrai tu più se vecchia scindi
Da te la carne, che se fossi morto
Innanzi che lasciassi il pappo e il dindi,
Pria che passin mill'anni? ch'è più corto
Spazio all'eterno, che un muover di ciglia
Al cerchio che più tardi in cielo è forte.
Purg.XI.


Chiunque paragoni il passo dell’Inferno, XXIV, 47, dove è esaltata la gloria terrena, con questo del Purgatorio dove ella è ridotta al suo vero valore, potrà aggiungere il nostro Dante alla serie di que’ grandi che s’innamorarono della gloria, e si confortarono della speranza di essa nel principiare le loro fatiche, ma che ne sentirono la vanità, giunti che furono alla loro grandezza. Restano questi sì ancora talvolta superbi nel compararsi, ma umili sempre nel considerare sè stessi: e tal fu la