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in quella parte ove si ministra lo nutrimento nostro, cominciò a piangere, e piangendo, disse queste parole: «Heu miser, quia frequenter impeditus ero deinceps». D’allora innanzi dico che Amore segnoreggiò la mia anima, la quale fu sì tosto a lui1 disponsata, e cominciò a prendere sopra me tanta sicurtade e tanta signoria per la vertù che li dava la mia imaginazione, che me convenia fare tutti li suoi piaceri compiutamente. Elli mi comandava molte volte che io cercasse per vedere questa angiola giovanissima, onde io ne la mia puerizia molte volte2 l’andai cercando, e vedeala di sì nobili e laudabili portamenti, che certo di lei si potea dire quella parola del poeta Omero: Ella non parea figliuola d’uomo mortale, ma di Deo. E avegna che la sua imagine, la quale continuatamente3 meco stava, fosse baldanza d’amore a segnoreggiare me, tuttavia era di sì nobilissima vertù, che nulla volta sofferse che Amore mi reg-


10. nobili e laudabili. Le prime stampe sino al Torri leggono nuovi, e questa lezione parve al Todeschini «più espressiva» che quella accettata nel testo. «Nuovi e laudevoli (osserva) è l’unione di due aggiunti che insieme compongono un’alta idea: nobili e laudevoli non è, si può dire, che una fiacca ripetizione. Poi la frase sì nobile torna in campo poche righe appresso». Ma sono ragioni di poco conto. I codici fortunatamente non lascian dubbio, perchè sebbene M legga noui e As nuoui, concordando nella lezione nobili w e p con s, nobili doveva essere la lezione del capostipite comune β (noui sarà in M un trascorso del copista, in As un imprestito da b). E nobili doveva pur leggere α, sebbene b dia nuoui, perchè se β legge nobili e k ha la stessa lezione, essa deve rimontare al capostipite di α e β.

14. sì nobilissima. La più ovvia lezione si nobile è del solo gruppo b: l’ebbero da Mss. di questo gruppo le prime due stampe; gli Edd Mil. segnarono la variante sì nobilissima dal loro codice B (Trivulz. 1058), ma non l’accolsero; comparve quest’ultima la prima volta nell’ediz. di Pesaro, e fu poi preferita dal Torri, ma non trovò grazia presso gli editori posteriori, eccetto quelli che riprodussero il codice Chigiano o lo Strozziano (Casini, Beck, Passerini). Anche il Todeschini si chiese: «È forse questa una lezione da saperne grado a qualche codice, quando nella volgata si ha di sì nobile virtù?». Ma per l’uso di pur davanti all’aggettivo di grado superlativo, cfr. Manuzzi s. v. invece di così § 1; e aggiungi questi altri esempi: In questa città ha sì grandissimo caldo, che a pena vi <references group="note_testo">

  1. k allui sitosto.
  2. β fiate.
  3. continuatamente è dato soltanto da M S; gli altri codici continuamente. k staua mecho.