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VITA NUOVA XXIII 26-31 68 Lo imaginar fallace mi condusse a veder madonna morta; e quand’io l’avea scorta, vedea che donne la covrian d’un velo; 5 ed avea seco umiliti verace, che parea che dicesse: - Io sono in pace. - Io di venia nel dolor sì umile, 27 veggendo in lei tonta nmiltà formata, ch’io dicea: - Morte, assai dolce ti tegno; io tu dei ornai esser cosa gentile, poi che tu se’ ne la mia donna stata, e dei aver pietate e non disdegno.

Vedi che sì desideroso vegno d’esser de’tuoi, ch’io ti somiglio in fede.

15 Vieni, chè ’l cor te chiede. - Poi mi partia, consumato ogno duolo; 28 e quand’io era solo, dicea, guardando verso l’alto regno: - Beato, anima bella, chi te vede! - 20 Voi mi chiamaste allor, vostra merzede. »

•* r Questo canzono ha due parti: ne la prima dico, parlando 20 a indefinita persona, come io fui levato d’nna vana fantasia da certe donne, e come promisi loro di dirla; ne la seconda dico come io dissi a loro. La seconda comincia quivi: Men- 25 tr* io pensava. La prima parte si divide in due: ne la prima 30 dico quello che certe donne, e che una sola, dissero e fecero I>er la mia fantasia, quanto è dinanzi che io fossi tornato in verace condizione; ne la seconda dico quello che queste donne mi dissero, poi che io lasciai questo farneticare; e comincia 80 questa parte quivi: Era la voce mia. Poscia quando dico: Men- 31 ir'io pensava, dico come io dissi loro questa mia imaginazione.

Eil intorno a ciò foe due parti: ne la prima dico per ordine questo imaginazione; ne la seconda, dicendo a che ora mi cliia- 2. b x (meno w) mia donna. 5. K S e altri codio! : seco umiltà, dalla qoal leulone A da crederai cho, por ristabilire la misura del verso, «la nata ln b O (od anche In V w A) seco una umiltà.