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XXXII

ODE

>er ’a recuperata salute del nobíl uomo Ferdinando Toderini illustre poeta.


Oh come mai s’ intorbida
quella pupilla vivida!
come la guancia morbida
diviene asciutta e livida !

lo di Fernando al risico
gelo per téma subita,
e il consultato fisico
pensa, ripensa e dubita.

Ei presso al vacuo talamo
sta con pietosa indagine,
e invano il dotto calamo
verga salubri pagine.

Licor non v’ha si nobile,
non erba o sasso o polvere,
che sappian quell’ immobile
febbre crudel risolvere.

Al duro affanno, al tremito
de la consorte pallida
risponde, oimè, col gemito
la famiglinola squallida.

Sul suolo intanto giacciono
le corde d’oro armoniche,
e Grazie e Muse tacciono
disperse e malinconiche.

Quali per lui si udirono
inni, che alati e rapidi
corsero Italia e girono
fino a i’erculee lapidi!

Cantò l’eterno fulmine (i),
che con orrendi sibili
squarcia il petroso culmine
de l’alpi inaccessibili.

(i) Qui e in séguito si accennano vari componimenti del dottissimo cavaliere
sull’ira divina, sul diluvio universale, in lode dell’autore di questi versi, in lode
«Iella villa, ecc. ed alcune bellissime satire.