Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/276

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4

Quest’ idoletto risplendea senz’emolo,
come suol fra le mosche estiva lucciola;
talché ad un guardo lusinghiero e tremolo
l’ innamorato Pulcinella sdrucciola.

I colori de l’alga e del prezzemolo
tingeano a guazzo la ninfetta cocciola.

Ma chi potrebbe si leggiadra immagine
descriver pienamente in brevi pagine?

5

Grossa è la testa, e l’occhiolino vivido
spiccia talora come fa la pevera,
e d’un fiumetto grazioso e livido
le delicate mascelline abbevera.

Passa dal naso al mento un sottil brivido
che insieme or li congiunge ed or li scevera,
e in quei vezzosi labbricciuoi s’ incorpora
altro che rosa fresca, altro che porpora!

6

Giá l’ama Pulcinella senza termini,
né ride piú, né piú motteggia o frottola:
giá sente il mal di capo, il mal de’ vermini,
e va girando come una pallottola.

Spesse fiate avvien ch’ei si determini
di gire a la sua vaga bamberottola:
parlar vorriale, né sa come diavolo
presentarsi a madonna e resta un cavolo.

7

Ma superato quel crudele ostacolo:

— Rompiamo — disse — ornai lo scilinguagnolo:
amor m’assisterá con un miracolo
e mi fie di puntello o di appiccagnolo.

Vedrò l’amato bene, e s’io non placolo,
queste luci sciogliendo in un rigagnolo,
no, piú stupido core, alma piú rigida
non han le belle de la zona frigida. —