Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/307

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4

Né certo invano di sperar ne giova
l’annoso tronco di bei frutti adorno,
cui vigor non usato e beltá nuova
faran piú vago e piú robusto un giorno.

I suoi prischi desir l’Adria rinnova
e par che dica lietamente intorno:

— Deh ! versa, o cielo, a piene mani i gigli
sul casto letto e sui nascenti figli. —

5

Giá di vederli ricercar bramosi
questo lume e quest’aure a noi rassembra,
e un’alma eguale agli atavi famosi
tosto informar le destinate membra.

Adria li mira, e vòlta ai chiari sposi
le passate sue glorie a lor rimembra,
ché spera di mirar chi la ritorni
al lustro antico e ai memorandi giorni.

6

Su dunque aprite, almo signor, le braccia,
onde compir gl’ impazienti augúri,
benedicendo con allegra faccia
i concessi quaggiú figli venturi.

Odavi il ciel pietoso, e tosto faccia
che il comune desir si rassicuri,
e alfin Vinegia ne l’illustre prole
vegga piú fausto e piú sereno il sole.