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XLIV

AD UNA DAMA

che molto si rammaricava di essere divenuta alquanto grassa in campagna.

Col fato avverso si quereli e crucci
la pallida Nerina in fiochi accenti,
se ria febbre l’assalga ed i languenti
teneri membri le divori e succi.

Ma tu che movi due sereni occhiucci
d’elettrica materia ognora ardenti,
tu che a’ labbri vermigli e sorridenti
sembri una rosa, quando vien che sbucci,
non ti lagnar se grassolino un poco
festi il bel viso tra le dolci fraghe
che dan nome si caro al verde loco (0.

Con quelle guancie ritondette e vaghe
destar ben puossi l’amoroso foco
senza minio venal, senz’arti maghe.

XLV

A S. E. ABATE GIOVANNI PRIULI

in occasione della sua prima messa.

Odimi per pietade. Un lustro è scorso
che dal paterno sen vivo lontano,
e gemo e piango e mi querelo invano,
gridando notte e di: — Padre, soccorso! (*). —

Eppur de la mia vita il lungo corso
non ha macchia d’ardire o d’odio insano:
questo labbro è innocente e questa mano,
né mi lacera il petto alcun rimorso.

Deh! mentre ascendi la pacific’ara,
novel ministro, in fronte a cui sta scritto
il vicino splendor de la tiara;

lascia che in faccia a Dio venga un afflitto,
lascia ch’io gridi: — E cosa troppo amara
perdere il genitor senza delitto.

(1) «Fragolina», villa cosi detta dall’abbondanza delle fragole.

(2) Egli era afflittissimo per domestiche vicende.