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Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/40

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5. SULPIZIA.

Le vestali peccaro e il gran delitto
colmò d’orrore i padri e l’alme oneste,
si che a placar la grave ira celeste
fu nobil tempio a Venere prescritto.

Ma per sacrarle il busto impon l’editto
che pria cento romane, indi fra queste
sol le dieci piú sagge e piú modeste,
poi, scelta la miglior, n’abbia essa il dritto.

Parve d’ integritá salda colonna
Sulpizia bella, e al ministero augusto
iu tratta in bianca e vereconda gonna.

Piause ciascun, ma oh quanto era piú giusto
che Venere non giá, ma si gran donna
avesse il tempio, il sacerdote, il busto!

6. Giui.ia.

Nel contemplar di fosco sangue intriso
il bianco lembo de le amate spoglie,
inorridí la stupefatta moglie,
credendo il suo fedel tra l’armi ucciso.

Un gelido sudore, un improvviso
tremito da la fronte al piè la incoglie.

Torna a mirar quei lini e un grido scioglie:
— Ahi ! pur troppo son dessi : io li ravviso. —
Del letto nuzial corre a la sponda
e immobil vi si arresta; e tutto poscia
di furiose lagrime lo inonda.

Strappa il misero crin, batte la coscia,
urla, singhiozza e tnuor. L’ostia seconda
aspetti invano, o maritale angoscia.