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PER L’INGRESSO A PATRIARCA DI VENEZIA
di S. E. Federico Maria Giovanelli.
Te nel palladio albergo, ove al fiorente
cavalleresco onor e a l’arti industri
stuol di vivaci giovani trilustri
nutriva il Mella, che or sen va dolente;
te ricordar io stesso udii sovente (0
mercé de l’opre generose e illustri,
che insino dai primier teneri lustri
a gran pietá giugnesti e a docil mente.
De’ prodi alunni suoi che per altera
fama divenner cónti, il bel soggiorno
in vive tele ofí’ria l’ immagin vera.
E certo avria goduto in simil giorno
te collocar fra l’onorata schiera
di pontificia nútria il capo adorno.
ci
PARLA AMORE ALL’AUTORE
— Per questo invitto strale — Amor direa —
e per questa, lo giuro, util faretra,
n’andrebbe il nome tuo famoso a l’etra,
dovunque pregio ottien l’arte febea;
pur che al viso gentil di qualche dea
si accendesse il tuo cor freddo qual pietra,
dolce temprando l’amorosa cetra
a l’ombre chete de la selva ascrea.
— Signor, le ninfe del terren nativo
— rispondo — io contemplai, ma in un istante
il mio cor s’indurò gelido e schivo.
Come dunque potrei renderlo amante,
se cangiollo in macigno il redivivo
centuplicato meduseo sembiante?
(i) Alludesi al soggiorno che per cinqu’anni fece l’autore nello stesso collegio
de’ nobili, di Brescia.