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18 marzo 1630. Francesca moglie di Domenico Conca di Gitana morì di sospetto di peste. Sepolta nei cimitero di Gitana.
19 Margarita et Maria Elisabetta sorelle di Antonio Carità da Vetio morirono di peste. Sotterrate a Vetio.
20 Lucia dicta figlioccia di Bologna moglie di Bartolomeo Pomi morì di sopetto di peste. Sepolta nel Cimitero di Bologna.
25 Raffaele figlio del Sig. Pietro Paolo Tondello morì di sospetto di peste il giorno sudetto, sepolto nella sacristia di S. Pietro di Tondello.
26 Caterina moglie di Francesco Tarelli da Vetio morì di peste Ivi sotterrata.
29 Francesco Tarelli da Vetio morì insieme ad una sua putta. Ivi sepolto.
31 Giovanna et Maria sorelle d’Antonio Carità morirono di peste. Ivi sepolte.

Abbiamo una lettera di Lelio Mornico scritta da Milano in data 8 dicembre 1629 al sig. Angelo Bergami, orologiaio a Como, che dà una impressionante e viva descrizione dello stato d’animo e delle condizioni finanziarie dei poveri abitanti di Varenna desolati dalla peste e dalla atroce miseria. Egli dice testualmente: «le miserie del nostro paese V. S. le avrà intese meglio di me, ma non ne avrà nè saprà tante come io la causa di esse perchè non avrà meno le colpe et peccati ch’io. Suppongo d’aver fatto il male io et che gli altri faciano la penitenza mentre vedo tanti poveri innocenti miseramente morire di fame et perchè in quei luoghi dove io o deliziato tanto.... Che già non parlo di quei poveri di Varena a quali è ventura la morte di peste, essendo condannati da Dio alla morte di fame assai più fina e crudele». Il Mornico aggiunge poi un particolare veramente raccapricciante e che dimostra fin dove può giungere l’egoismo umano. Egli dice di aver saputo che gli si era ammalato il suo ortolano e prosegue: «quando io seppi che si era infirmato costui in casa mia e che era stato scacciato riscrissi subito che vi fosse rimesso e che morendovi ci restasse insepolto perchè sperai che col suo fetore et peste dovesse guardar meglio la casa dai ladri.

Ma ho inteso che risana e che non è manco infermità di peste»1.

Non essendovi cimiteri sufficienti molti cadaveri erano stati sepolti negli orti e nei giardini attigui alle case. Nel 1658 gli uomini di Perledo inviano una supplica al vescovo perchè voglia ordinare al preposto di far levare tutti questi corpi sepolti nei terreni privati e trasportarli in luoghi adatti.

Durante l’infierire del morbo vi fu a Perledo un sacerdote che dette prova di un grande coraggio civile e di carità cristiana. Fu questi

  1. Archivio parrocchiale di Perledo.