Pagina:Vittorio Adami, Varenna e Monte di Varenna (1927).djvu/430

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appendice 421

drati fu Alessandro, al quale pervennero in forza dello strumento 23 dicembre 1816, rogato dal notaio Pio Brambilla di liquidazione della sostanza paterna, col fratello Conte Giovanni Battista.

Nell’atto di vendita più su accennato della Contessa Maria Serbelloni Sfondrati al signor Gaetano Ghezzi, il 9 gennaio 1869, gli stabili costituenti la Capoana sono così descritti:

«1° Una casa colonica con così detto Crotto, una cascata d’acque con piante di cipresso ed un ronchetto cintato, colla ragione d’acqua nascente in luogo ed in vicinanza a norma del possesso che ne ha la nobile venditrice e sotto le coerenze: a levante beni del beneficio di Varenna, di Maria e Pietro Pirelli e di Giuseppe Antonio Vitali, nonchè la scaturigine del fiumicello detto Uga, a mezzodì alveo del detto fiumicello, a ponente la strada militare dello Stelvio ed a nord strada campestre.

2° Due casini civili con intermedio giardino, orto, porto e darsena... sotto le coerenze, a levante la strada militare, a mezzodì casa dei fratelli Venini, a ponente il lago di Lecco, a tramontana casa di Pietro e Giuseppe Venini.

E la cessione e vendita vien fatta per lire 17.000. Dichiara la nobile signora contessa Sfondrati che li stabili venduti sono in essa pervenuti per eredità del di lei genitore Duca Giuseppe Serbelloni Sfondrati fu conte ManoFonte/commento: 527 il quale li ebbe per eredità e risultanza dal decreto 30 luglio 1861 N. 14025 del Tribunale di Milano dal Sig. Duca Ferdinando Serbelloni Sfondrati fu duca Alessandro.

Per gli effetti della tradizione si consegna al Sig. Ghezzi: il catasto storico censuario con fascicolo di carte contenenti documenti dI data anteriore al 1800».

La villa Capoana fu un luogo di delizie, ed il poeta Luigi Rusca del XVII secolo così la cantò:

«Prendo il nome da quella
     Città famosa, e di delitie piena,
     Dove da donna bella,
Dopo tante vittorie nel cor cinto
     D’amorosa catena
     Il domator de l’alpe restò vinto.
Mira, peregrin vago.
     Quasi albergo divino,
     Fonti, marmi, giardino
Tra il verde colle e ’l cristallino lago,
     Oh! emula son anch’io
     Con sì rare delitie al bel paese,
     Ond’hebbi il nome mio;