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Pagina:Vittorio Adami, Varenna e Monte di Varenna (1927).djvu/94

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Con atto 27 novembre 1480 Gasparino de Marliano del fu Donato, di Varenna, lascia alla chiesa di Santa Maria del monastero di Varenna alcune sue proprietà in località Caravina presso Lierna1.

Iacobo Magnano del fu Giovanni Iacobo, di Bologna in Monte di Varenna, abitante a Siena in Toscana, con testamento 26 settembre 1484, lascia alla nuova sacristia della cattedrale di Firenze, e alla Chiesa di S. Angelo di Siena lire venticinque, ma non dimentica la chiesa del suo paese nativo, alla quale lascia un appezzamento di terreno, sito in Monte di Varenna2.

Nel 1488 Giorgio da Balbiano lascia 50 lire imperiali alla chiesa di S. Giorgio di Varenna.

Con atto 1 marzo 1488 Matteo de Tenchi fu Pietro, lascia per la costruenda Cappella dei Santi Sebastiano e Rocco nella chiesa di San Giorgio di Varenna, molte proprietà case ed entrate3.

Sul monastero di Varenna abbiamo una interessante lettera scritta dal Duca al referendario del lago di Como. Il monastero viene chiamato nella lettera ducale chiesa de nostra dona de observantia de Varena, denominazione che non si trova in nessun altro documento. A Milano si aveva un ottimo concetto di quelle monache «per la loro honesta et bona vita de la quale pienamente siamo informate».

Lo scopo della lettera è di farle esonerare dal pagamento dei dazi sul grano e su altri generi.

A proposito di questo monastero diremo che nella Biblioteca Ambrosiana si conserva l’atto di nomina di una abbadessa4. In seguito alla morte della ven. Suora Adelasia de Balbieno, il 9 gennaio 1425, si adunò il capitolo della detta abbazia composto delle seguenti suore: Giacomola Campioni, Tamola de la Flora, Giovannina Casori, Pasquinola Cella, Agostina Venini, Giovannina Cattaneo, Margherita Calvasina e Angelina Cella, che dichiararono di eleggere come loro abbadessa, la suora Pasquirola Celia, come da rogito del not. Iacopo Tenca. La quale nomina fatta presente alle nominata badessa da prete Guglielmo da Castiago, beneficiale della chiesa, ossia cappella, di S. Giovanni di Varenna, venne della stessa Suor Pasquirola accettata.

La conferma della elezione toccava per antica consuetudine all’abate di S. Maria dell’Oliveto di Acquafredda, dell’ordine cistercense, e abate del predetto monastero. E infatti l’abate frate Giovanni Crespi, a richiesta di detto prete Guglielmo, dopo aver fatto affiggere alla porta del monastero predetto il bando, onde chiunque avesse eccezioni da muovere

  1. Arch. not. di Milano, Rogiti del not. Pietro Panizza di Varenna.
  2. Arch. Parrocch. di Perledo, atto del not. Iacobo de Sofferoni di Domenico di Firenze.
  3. Atto rogato dal notaio arcivescovile Giuseppe Dionisio Ciocca fu Marcantonio.
  4. Ambrosiana, Carte Pagensi, Pergamena 7050.