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dotto coi principii della più rigida economia. E Aldo non era felice che quando gli era riuscito di spremere un dollaro dalle spese settimanali e portarlo su per la scala del «Dime Savings Bank».

Facendo i conti con Minna egli notò che, se la fissava con lungo sguardo profondo, essa il giorno dopo, per fargli piacere, spendeva meno. E quanti furono allora i pezzi di zucchero e le fette di burro che Minna tolse la sera dall’armadio della sua zia Schmidl, per deporli la mattina, quale sacrificio propiziatorio, sulla magra tavola dei Della Rocca!

I vestitini rappezzati di Anne-Marie e i coperchietti rosa che portava in testa — sempre una spina negli occhi di Nancy! — ora dovevano durarle attraverso il variar delle stagioni, dopo che da lungo tempo la lavandaia negra ne aveva tolto ogni più lontano sembiante di tinta o di vitalità.

Nancy portava sempre il suo vestito marrone, aggiustato, voltato, ritinto.

I giorni passarono, meschini e rapidi. E Nancy imparò che si può campare fra gli stenti e lo squallore, che si può andare avanti a vivere nella brutta e sordida povertà — e abituarvisi a poco a poco, fino a quasi dimenticare che una volta non era così.

Le sere, sopratutto, erano terribili. Quando Minna andava a casa sua, e Anne-Marie dormiva, e Aldo era uscito a far due passi con qualche conoscente italiano, oppure, in cravatta bianca e marsina, s’era frettolosamente recato al suo lavoro, Nancy sedeva sola e desolata nel terribile salottino, circondata dalla mobiglia della signora Johnson sua padrona di casa, e dalle fotografie della famiglia e degli amici della signora Johnson. Da caminetto e scaffale, da mensola e scansìa, visi di sconosciuti in veste antiquata la fissavano con occhi sbia-