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i divoratori 305


— Non importa, — e Nancy si coprì il viso, e si mise a piangere.

— E con chi? — Vi fu una pausa. Egli suggerì: — Vorrete una cameriera.

— Oh no! senza cameriera, — disse Nancy, e alzò il viso. — Con voi! — soggiunse piano, perchè Quella delle Lettere avrebbe detto così. Ed anche perchè era vero.

— All right, — disse lui. — Prendete pochi bagagli.

XVI.

Partirono. Traversarono la Svizzera. Passarono per le bianche vie maestre, attorcigliate come nastri bianchi intorno agli austeri fianchi delle Alpi; salirono l’arido Julier Pass; scesero per la rabbrividente via Mala; salutarono Silvaplana; oltrepassarono Saint-Moritz; vagarono per le foreste di pini di Flims dove il sole filtra in pallore lunare. I pini, maestosi, con un tocco di neve sulle loro cime, parevano processioni di frati in berretta da notte; gli scoiattoli si fermavano con rapidi occhi, luccicanti come perline di giavazzo, poi scappavano su per gli alberi con agitata coda. E le blande mucche elvetiche nelle verdi praterie, stavano ferme a guardarli passare.

Ogni sera nei diversi alberghi delle diverse città, andavano insieme lungo i corridoi adorni di scarpe; e giunti alla porta della camera di Nancy, egli le diceva:

— Buona notte, Miss Brown, — e la lasciava.

Varcarono il confine e furono in Italia. E subito scesero fino a Napoli, senza fermarsi a Milano, perchè Nancy, dopo tutto, non voleva veder nessuno dei suoi cari — non adesso! non adesso! Cosa avrebbe detto? Come avrebbe