Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/48

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36 annie vivanti


Quella sera, mentre lei ed Edith si svestivano nelle loro camere, ch'erano attigue, Edith chiacchierava garrula e gaia.

— Dio, come è bello il mondo! Come tutto è divertente!

E la fanciulla si tolse le forcelline dal capo e scosse la chioma, che le si svolse come un serpe di luce sulle spalle.

— La vita è una deliziosa istituzione. Non trovi, Valeria?

Dalla camera vicina non giunse risposta, e Edith, un po' sorpresa, s'affacciò a guardar dentro. Valeria giaceva sul letto con la faccia nascosta nel guanciale. Era ancora vestita del suo abito rosa della serata.

— Valeria! cara! che cosa è accaduto? — domandò Edith, chinandosi a baciarla.

— Oh! io odio tutto! ho orrore di tutto! — singhiozzò Valeria, — quello stupido tennis, quelle stupide ragazze, che sempre ridono, ridono, ridono...

— Ma, mi pare che abbiamo riso anche noi, — disse Edith. — A me par di aver riso tutto il giorno. E anche Nino non ha fatto altro!

— Già, Nino! — E Valeria si rizzò, lagrimosa e sdegnata. — Anche lui è stupido, anche lui ride per niente... In Italia — singhiozzò — non rideva mai! In Italia non si ride così, stoltamente, per far vedere i denti e fingere di essere vivaci.

Edith, attonita e muta, rimase a lungo contemplando la sconsolata figura di Valeria. E rifletteva. Poi d'un tratto si chinò, e baciando la cugina disse:

— Cara, non piangere, non piangere più.

Valeria, che aveva già smesso di piangere, ricominciò da capo. E pianse più forte quando, alzando gli occhi, vide il fuoco pallido della chioma di Edith, scintillante intorno al dolce viso, e i due piccoli laghi di Como sof-