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Naja Tripudians 29


nei tropici. Medico nella marina inglese, il destino lo aveva gettato a ventidue anni sulle coste delle Indie orientali. Ivi, il suo spirito indagatore e pietoso era stato profondamente impressionato dalle mostruose malattie che affliggono le razze indigene dei paesi tropicali.

Alto magro taciturno passava come un dio biondo tra le popolazioni nere di laggiù, passava tra i mali senza nome, tra le piaghe e le pestilenze d’ogni sorta, curando, beneficando, studiando il modo di alleviare le febbri, il colera, la dissenteria; esaminando le orribili piaghe del mycetoma e la rossa escrescenza della framboesia che cresce come un mostruoso frutto di lampone sul volto e sulle membra delle sue vittime....

Ma più di tutto il giovane dottore si appassionava allo studio della lebbra. L’idea di scoprire una cura per quell’atroce flagello gli si era fissa nel cervello colla tenacità inflessibile d’una mania. Ben ricordava come per la prima volta gli era entrata nella mente questa idea.

Da quasi due anni, relegato con pochi marinai sulle coste del Malabar, occupato quale ufficiale a sorvegliare la condotta degli uomini che costruivano un canale irriguo, e quale me-