Pagina:Vivanti - Vae Victis, Milano, Quintieri, 1917.djvu/103

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vae victis! 91

«Eh? Cos’hai detto? Non capisco. Parla più forte,» disse Von Wedel, seduto su un angolo della tavola e accendendo un sigaro del dottor Brandès.

«Mia cognata,» ripetè Chérie quasi afona.

«Tua cognata?» Von Wedel soffiò verso il soffitto una boccata di fumo. «Caruccia!» E le pizzicò il mento. «Ed io sarò tuo cognato; va bene? — Ah! ecco lo champagne!» esclamò vedendo spalancarsi la porta.

Ma non era lo champagne. Era un altro ufficiale, vestito anch’egli di un’uniforme grigia e senza alcun distintivo. Era rosso in faccia e tutto sporco di polvere e di terriccio.

Salutò il capitano, fece un cenno di saluto a Von Wedel; poi allentò il suo cinturone e buttò l’elmetto grigio sul pianoforte vicino agli altri.

«Ah! finalmente, Feldmann,» disse il capitano Fischer. «E così?... Cosa avete fatto?»

«Il mio dovere,» rispose il nuovo arrivato, con una voce stranamente rauca.

«Der Pfarrer?...» chiese Von Wedel.

Il nuovo venuto annuì con un movimento del capo e torse le labbra in una smorfia di disgusto, «Già. E anche quel balordo di un boy-scout. — Era lui,» soggiunse volgendosi a Fischer, «che aveva sparato contro di voi.»