Pagina:Vivanti - Vae Victis, Milano, Quintieri, 1917.djvu/102

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90 annie vivanti

«Tuoni e fulmini!» vociò Von Wedel, «che piccolo scorpione! Qui, Glotz! tienla un po’ ferma — o meglio portala via, che mi dà sui nervi!»

A queste parole Luisa smise di lavare la ferita del capitano, e scoppiò in pianto.

Glotz che stava seduto a tavola mangiando tranquillamente, si alzò, asciugandosi la bocca in una delle serviette di carta velina. «So io dov’è la cantina,» disse. «Ci sono passato nella ronda col signor capitano. Se il signor capitano permette andrò io stesso a cercare il cognac.»

Von Wedel lo guardò sdegnato. «Cosa t’immischi, idiota?»

Ma Glotz uscì rapido dalla stanza, senza badare a Von Wedel che lo ingiuriava sommesso.

Luisa frattanto singhiozzava ancora. Invano il capitano le accarezzò la guancia dicendole che a Mirella nessuno avrebbe fatto nulla; essa continuò a piangere amaramente, disperatamente, mentre gli fasciava il braccio.

Von Wedel avendola osservata qualche momento si rivolse a Chérie. «Dimmi un po’, che parentela hai con quella Niobe piangente?»

«È mia cognata,» rispose Chérie con un filo di voce.