Pagina:Vivanti - Vae Victis, Milano, Quintieri, 1917.djvu/204

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192 annie vivanti

zati. E piansi amaramente narrandole la mia paura ch’egli possa essere morto.

Ella mi sollevò il viso tra le mani e mi guardò profondamente negli occhi.

«È stato lui?» chiese.

Io non compresi ed ella ripetè la sua domanda.

«È stato lui —» esitava come cercando l’espressione — «è stato lui a farti torto?»

«Torto? Perchè?» domandai. Ella mi guardava fisso negli occhi ed anch’io la guardavo cercando di comprendere cosa intendesse dire.

«Ti ha ingannata?»

«Ingannarmi, lui? Oh, no!» esclamai..«Florian non inganna. Egli è leale e fedele come un santo!»

Ero quasi sdegnata ch’ella avesse potuto farmi una simile domanda.

Florian che non ha mai guardato, non ha mai pensato ad altra donna che a me! Ingannarmi!

«Basta,» diss’ella levandosi improvvisamente, e la sua espressione di dignità un po’ fredda mi ricordò di nuovo il contegno del dottor Reynolds. «Se fosse stato l’oltraggio del nemico sono certa che me l’avreste detto. Non insisterò più oltre. Questo solo vi dirò — che mentre avrei potuto compiangere la sventura, non so perdonare la mancanza di sincerità.»