Pagina:Vivanti - Vae Victis, Milano, Quintieri, 1917.djvu/226

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214 annie vivanti

chi nella casa!... Ah! vorrei nascondere la faccia sotto terra quando ci penso...»

«Povera donna!» mormorò convulsa la signora Yule.

«Mille volte al giorno,» proseguì Luisa, «ringrazio Iddio che la mia bambina — ammutolita per chissà quale spavento! — non possa domandarmi: Mamma! cos’hai? Mamma, che cosa pensi? Dovrei dirle: «Penso che sono maledetta tra le donne, che sono indegna di alzare la fronte. Penso che porto nel mio seno un essere immondo che renderà eterna l’onta che ho patito —»

«Coraggio, figlia mia,» disse grave il Reverendo ponendole una mano sul capo chino.

«Ah! ne avrò, ne avrò del coraggio! Affronterò la morte con letizia, con gratitudine!» Si volse al medico, che ascoltava impallidito e muto. «Dottore, dottore! Se muoio non me n’importa. Ma il delitto non deve vivere. Ciò che fu concepito nell’odio e nell’orrore non deve, non deve vedere la luce.»

Il dottor Reynolds indietreggiò, colpito:

«Signora!... Che cosa mi domandate?»

«Domando la liberazione,» gridò Luisa, «La liberazione immediata, completa! E se voi, dottore, non vi sentite di darmela — la Morte me la darà!»