Pagina:Vivanti - Vae Victis, Milano, Quintieri, 1917.djvu/317

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essere aborrito e funesto, crescerebbe allegro e sano, imparerebbe a parlare, imparerebbe il riso ed il sorriso; chiamerebbe Chérie col dolcissimo nome che a Luisa nessuno direbbe mai più. Mentre Mirella....

Chérie si era alzata col piccino in braccio. Trepida venne a inginocchiarsi ai piedi della cognata.

«Luisa! Luisa!... Non puoi amarci un poco? Non puoi perdonarci? Che cosa ti abbiamo fatto, Luisa? Che cosa ti ha fatto di male questo povero piccolo essere, perchè tu debba odiarlo così? Non è per me, vedi, non è per me che imploro la tua pietà, il tuo affetto. Io posso vivere disprezzata e odiata, perchè so... perchè capisco.... Ma per lui t’imploro, per lui! che entra nella vita credendo di essere come tutti gli altri bambini, credendo che tutti l’ameranno... Ah, per lui ti supplico, t’imploro — una parola di tenerezza, Luisa, una parola di benedizione!»

Aveva afferrato con mano tremante l’orlo della veste di Luisa, e si chinava a baciarlo piangendo. «Luisa, se tu mettessi la mano sulla sua fronte e dicessi: «Iddio ti benedica!» credo che io ne morrei di felicità. Non puoi dirle, Luisa, queste tre parole che tutti dicono, anche ai