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vae victis! 67

«Ah! Amour, a qualsiasi costo, lo portiamo con noi,» disse Chérie.

«Lo portiamo con noi...» ripetè trasognata Luisa che errava come un’anima smarrita per le stanze raccogliendo degli oggetti e poi rimettendoli giù.

Un orologio lontano suonò le undici.

Mirella, ancora nel suo vestitino di mussola rosa, s’era arrampicata sul letto di Luisa e sonnecchiava.

Ah!... Eccolo di nuovo quel rimbombo cupo, tuonante, perdentesi in un lungo e minaccioso brontolio....

«È più vicino!» ansò Luisa, torcendosi le mani. «È più vicino!» E mentre ancora lo diceva, ecco ripetersi il suono terribile — e più vicino, infatti, e più cupo, più profondo, più temibile.... Le vetrate della casa tremarono.

Mirella balzò a sedere sul letto cogli occhi spalancati e lucenti.

«Cos’è?» Poi gridò forte: «Mamma! dimmi cos’è?»

Luisa accorse. «Zitta, cara, zitta,» disse chinandosi su di lei e baciandola.

«Ma cos’è?» insistette la bambina. «Voglio sapere! È un temporale? O sono i nemici?»

«Ma no, piccola cara, no!» la rassicurò Chérie, accorsa anch’essa. «Sono i nostri cannoni, che sparano appunto per tenerli lontani.»