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Un altro dato importante della fisica stellare scende dalla conoscenza dello splendore effettivo e del diametro di una stella; quello della luminosità superficiale o dell’unità di superficie.

Facciamo ora l’ultimo approccio — non l’ultimo fatto però in ordine di tempo — verso lo studio fisico delle stelle; il punto elementare di partenza è la considerazione del colore: il metodo scientifico corrispondente è l’analisi spettroscopica. Famigliari a tutti sono i purissimi, vari colori delle stelle: alcune sono bluastre come Rigel, altre bianche come Sirio, giallo-pallide come Procione, rossastre come Arturo, rosse come Betelgeuze; se noi insinuiamo il sole giallo tra Procione ed Arturo, abbiamo la parte principale della scala spettrale, di Harvard, sostituitasi alla prima classificazione del Secchi e comprendente i 99/100 della totalità delle stelle. La classificazione spettrale delle stelle è dunque in fondo una classificazione per colore.

Il colore ha un’importanza fondamentale nella fisica stellare: esso è l’indice della temperatura superficiale delle stelle, proprio come dal colore della massa metallica fusa ed incandescente l’esperto metallurgico degli alti forni stima la temperatura di quella massa.

L’apprezzamento soggettivo del colore non avrebbe mai portato a misure di qualche conto; pure, senza ricorrere ancora allo studio dello spettro, il colore può essere rigorosamente stimato: basta avvalersi della differente sensibilità ai colori dell’occhio umano, il quale meglio percepisce le luci gialle e rosse e della lastra fotografica, la quale meglio s’impressiona a quelle blu e verdi. Appunto la differenza di splendore di una stella, quale è data dalla fotografia e quale è stimata dal nostro occhio costituisce l’indice di colore. Naturalmente all’occhio si sono sostituite lastre speciali della stessa sensibilità sua, così da poter misurare l’indice stesso con precisione.

Che questo indice di colore sia anche un indice di temperatura si spiega con una nota legge del Bohr, in grazia della quale si può dedurre la temperatura assoluta alla superficie delle stelle, confrontando le grandezze stellari ricavate da due luci monocromatiche in due regioni distinte dello spettro, o, più generalmente ancora, dalla distribuzione dell’intensità di radiazione secondo le varie regioni dello spettro. Alla serie di tipi spettrali prima elencata e che mi guarderò bene dal descrivere, corrispondono indici di colore diversi e temperature diverse superficiali. Sappiamo così che le stelle blu, come Rigel (B) hanno una temperatura superficiale di 16 mila gradi, le bianche come Sirio (A) di 11 mila, le giallo-