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era così profondamente assorto nei suoi pensieri, che appena s’accorse delle amene sponde del fiume, che per tutto il tratto fra il mare e la città apparivano di una sorprendente bellezza, adorne com’erano di ville ricche al pari di quelle di Napoli, e circondate di orti abbondanti di frutta e di vigneti. Neppure badò alle innumerevoli navi che gli sfilarono davanti, nè ai canti dei marinai. Tutto il cielo era illuminato di una luce rosea, che avvolgeva voluttuosamente la terra e l’acqua; solo egli gemeva, cupo ed oscuro nel volto.

Un istante solamente si scosse, quando qualcuno additò il boschetto di Dafne, visibile da un risvolto del fiume.


CAPITOLO II.


Allorchè la città fu in vista, i passeggeri, desiderosi di nulla perdere dello spettacolo, si portarono tutti sopra coperta.

— «Il fiume, qui, scorre verso occidente» — spiegava l’Ebreo dall’aspetto venerando, già presentato al lettore.

— «Io mi rammento quando le sue acque bagnavano lo zoccolo delle mura; ma come sudditi romani noi abbiamo vissuto in pace, e, come suol avvenire in tempi tranquilli, il commercio si è imposto, ed ora tutta la riva del fiume è occupata da moli e da cantieri. Là — accennando verso mezzogiorno — è il monte Casio, o, come questo popolo preferisce chiamarlo, la montagna d’Oronte, che guarda in faccia al suo gemmello Amno a settentrione; fra loro due giace la pianura d’Antiochia. Più in giù sono le Montagne Nere dalle quali gli acquedotti dei Re ci portano acqua freschissima per inaffiare le strade e per bere, esse sono coperte da foreste piene di uccelli e di belve.» —

— «Ov’è il lago?» — chiese qualcuno.

— «Là, al nord. Vi ci potete recare a cavallo se desiderate vederlo, o meglio, in battello, poichè è unito al fiume da un canale tributario.

— «Il boschetto di Dafne» — disse in risposta ad un terzo interrogatore, — «fu incominciato da Apollo e da lui condotto a termine. Egli lo preferisce all’Olimpo. Chi vi ci si reca e gli dà uno sguardo, uno solo, non se ne parte più. Vi è un proverbio che ne dà la spiegazione: