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sul ponte che era quasi al disopra di loro; il loro orecchio s’era assuefatto a quel frastuono come il loro occhio s’era abituato alla vista che si stendeva loro davanti.

Ester sedutasi accanto a lui gli accarezzava la mano in attesa della comunicazione annunciata. Simonide incominciò con la sua consueta calma:

— «Mentre il giovane parlava, Ester, io ti osservava e mi parve ch’egli ti piacesse.» —

Essa rispose abbassando gli occhi:

— «Padre egli mi ispirò fiducia, e gli credetti.» —

— «Ai tuoi occhi, egli sarebbe il perduto figlio del principe?» —

— «S’egli non lo fosse....» — si fermò esitando.

— «S’egli non lo fosse?» — ripetè Simonide.

— «Io sono stata la tua ancella, padre, sin da quando mia madre morì, e stando vicino a te, ti ho veduto ed udito trattare con saggezza con ogni genere d’uomini, venissero per cause legittime od illecite; ed ora ti dico, se quel giovine non è il principe Hur, la menzogna non ha mai con tanta abilità indossata la veste della verità.» —

— «Per la gloria di Salomone, figliuola mia, tu parli con convinzione. Credi tu che tuo padre sia stato suo schiavo?» —

— «Se ben mi ricordo egli non disse questo. Vi accennò come a cosa che aveva udito dire» —

Per qualche istante gli sguardi di Simonide andavano vagando fra le navi sottostanti. Poi disse:

— «Ester, tu sei una buona figliola, e possiedi in discreta dose il nostro discernimento Ebraico; non sei una bambina ed hai abbastanza forza d’animo per ascoltare un racconto doloroso. Sta attenta, e ti narrerò la mia storia e quella di tua madre, ed altre vicende della nostra vita a te sconosciute, e sospettate da nessuno.

Io nacqui in una capanna della valle di Hinnom, a mezzogiorno di Sion. I miei genitori erano servi addetti alla coltivazione delle viti, degli ulivi e dei fichi nel giardino reale di Siloam, e nella prima giovinezza io li aiutai in quel lavoro. Essi erano schiavi a vita. Fui raccomandato al principe Hur, allora, dopo re Erode, l’uomo più ricco di Gerusalemme, il quale mi impiegò nei suoi magazzeni in Alessandria d’Egitto, ove raggiunsi la maggiore età. Lo servii sei anni e nel settimo, secondo la legge di Mosè, divenni libero.» —

Ester battè leggermente le mani: