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— «Oh, tu non sei adunque più il servo di tuo padre?» —

— «Ascolta figliuola. V’erano in quei giorni degli avvocati nei chiostri del Tempio i quali fieramente contesero essere i figli di coloro che sono obbligati a servire per la durata della vita soggetti alla stessa servitù, ma il principe Hur era uomo giusto in tutte le cose, ed interpretava la legge secondo la setta più rigorosa, quantunque non appartenesse ad essa. Egli disse ch’io ero un servo ebreo comperato, nel vero significato del Gran Legislatore, e con documenti suggellati che ancora conservo egli mi fece libero.» —

— «E mia madre?» — chiese Ester.

— «Udrai tutto, Ester, abbi pazienza. Prima ch’io abbia finito vedrai come mi sarebbe più facile dimenticar me stesso che tua madre... Al finire del mio servizio venni a Gerusalemme per le feste di Pasqua. Il mio padrone mi ospitò, e, poichè l’amavo chiesi di continuarlo a servire. Egli acconsentì ed io lo servii altri sette anni, ma come Ebreo e figlio di Israele, salariato. Per conto suo ebbi la direzione d’imprese commerciali di mare e di terra, e mandai carovane oltre Susa e Persepoli nei paesi della sete. Viaggi pericolosi erano quelli figlia mia, ma il Signore benedì le mie fatiche. Procurai immensi guadagni al principe e vaste cognizioni a me stesso, senza le quali non mi sarebbe stato possibile assumere le responsabilità che mi presi in seguito. Un giorno ch’io ero suo ospite in Gerusalemme, un’ancella entrò, portando un vassojo. Essa si rivolse a me, e fu quella la prima volta che vidi tua madre, e la amai.

Dopo qualche tempo andai dal principe e la chiesi in moglie. Egli mi disse che essa era schiava a vita, ma che se io lo desiderava l’avrebbe affrancata per compiacermi. Ma essa, Ebrea, pur corrispondendo al mio amore, si disse felice nella condizione e nel luogo ove si trovava, e rifiutò la libertà! La pregai, la scongiurai a più riprese, ma invano. Avrebbe solo consentito a diventare mia moglie qualora io diventassi suo compagno di servitù. Nostro padre Giacobbe servì sette anni per la sua Rachele. Io avrei potuto fare altrettanto. Ma tua madre richiedeva che io diventassi schiavo per tutta la mia vita. Mi strappai allora da lei, mi recai in altre contrade cercando di dimenticarla; ma l’amor mio fu troppo forte: ritornai. Guarda qui, Ester, Guarda!» —