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salemme, quando sua madre, con Io stesso fervore poetico che il patriottismo dettava, predicava le tramontate glorie d’Israele.

— «Ora comprendo perchè vuoi essere chiamato Egitto. Vuoi cantarmi una canzone, se io ti chiamerò con quel nome? Io ti intesi cantare ier notte.» —

— «Era una canzone del Nilo.» — essa rispose. — «un lamento che io canto quando mi sembra di respirare il profumo del deserto, e il mormorio del vecchio fiume; piuttosto lascia che io ti canti qualche cosa di Indiano.

Quando verrai ad Alessandria ti condurrò sull’angolo di quella strada donde potrai udire cantare la figliuola del Gange che me l’apprese. Kapila, tu sai, fu uno dei più grandi sapienti dell’India.

Poi, come se il canto fosse la sua forma abituale di esprimersi, cominciò:


KAPILA.


     Kapila, illustre eroe,
Fiore di gioventù,
Come potrò uguagliare,
Dimmi, la tua virtù?

     Sorridendo rispose.
Frenando il corridor:
— Chi ama tutte cose
Non conosce timor.

     Kapila, vecchio e bianco,
Pontificava all’aitar:
— Dimmi, la tua sapienza
Come potrò emular?

     Kapila, vecchio e bianco
Disse con gravità:
— Chi ama Iddio soltanto
Tutte le cose sa. —


Ben Hur non ebbe, il tempo di esprimere la sua riconoscenza per la canzone, quando la chiglia della barca rasentò la sabbia, e la prua toccò terra.

— «Un viaggio corto, o Egitto!» — egli esclamò.

— «E un soggiorno ancora più breve!» — essa rispose, mentre un forte colpo di remi li rimandò di nuovo nell’acqua libera.

— «Ora mi darai il timone» — egli disse.

— «Oh no! A te il cocchio, a me la barca. Non siamo che a metà del lago. Hai rotto il patto e io non canterò più.