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Ma questa volta la maggioranza non è occupata al giuoco. I giovani passeggiano in su e in giù, a due, a tre, o si fermano in crocchi a discorrere. Molti sbadigliano; gli argomenti sono futili: Che tempo farà domani? I preparativi pei giuochi sono terminati? Le leggi del Circo di Antiochia sono come quelle di Roma? A dire il vero, i giovani patrizi soffrono di una noia terribile. Il gravoso lavoro della giornata è finito; vale a dire, se potessimo dare un’occhiata alle loro tavolette, le vedremmo coperte di annotazioni e di scommesse, — scommesse su tutti i capi del programma, sulle corse pedestri, la lotta, il pugilato, — tutto, tranne sulla corsa dei cocchi.

E perchè non su quella?

Buon lettore, essi non possono trovare un’anima che voglia arrischiare un denario contro Messala.

Nella sala non vi sono altri colori dei suoi.

Nessuno pensa alla sua sconfitta.

La sua abilità e destrezza non sono esse conosciute? Non fu egli educato da un lanista Imperiale? I suoi cavalli non vinsero il Gran Premio nel Circo Massimo? E poi — ah sì! non è egli Romano?

In un angolo, adagiato comodamente sopra il divano, sta Messala medesimo.

Intorno a lui, in piedi o seduti, i suoi cortigiani lo tempestano di domande.

Naturalmente l’argomento è uno solo.

Entrano Cecilo e Druso.

— «Ah!» — esclama il giovine principe, lasciandosi cadere sul divano ai piedi di Messala: — «Ah, per Bacco, sono stanco!» —

— «Dove sei stato?» — chiede Messala.

— Nelle vie, fino all’Omfalo, e più in là. Fiumi di gente, ti dico. La città non è mai stata così affollata. Dicono che tutto il mondo sarà domani nel Circo.» —

Messala rise con disprezzo.

— «Idioti! Non hanno mai veduto i giuochi Circensi, sotto la direzione di Cesare medesimo. Ma dimmi, mio Druso, che cosa hai trovato?» —

— «Nulla» —

— «Cioè — Non ti ricordi?» — disse Cecilio.

— «Che cosa?» — fece Druso.

— «La processione di bianchi.» —

— «Meraviglioso!» — esclamò Druso. — «Abbiamo incontrato un gruppo di bianchi, con uno stendardo. Ma — ah, ah, ah!» —