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il sangue dei guidatori si riscaldava. Uomini e cavalli sembravano sapere che la crisi finale si avvicinava.

L’interessamento che, sul principio della gara, s’era concentrato nella lotta fra Messala e Ben Hur, accompagnato dall’universale simpatia per quest’ultimo, si mutò in ansietà e paura per lui. Su tutti i banchi gli spettatori tendevano gli occhi, seguendo silenziosi e immobili i cavalli dei due competitori.

Ilderim cessò di lisciarsi la barba, ed Ester dimenticò la sua timidezza.

— «Cento sesterzi! sull’Ebreo!» — gridò Samballat ai Romani sotto alla tenda consolare.

Nessuno rispose.

— «Un talento — cinque talenti, — dieci, se volete!» —

Agitò le tavolette in atto di sfida.

— «Io vincerò i tuoi sesterzi!» — disse un giovine Romano, preparandosi a scrivere.

— «Non farlo» — lo ammoni un amico.

— «Perchè?» —

— «Messala ha raggiunta la sua massima velocità. Guarda come si piega sopra l’orlo del cocchio, e libera le redini, ed ora osserva l’Ebreo.» —

L’altro guardò.

— «Per Ercole!» — egli esclamò impallidendo. — «Il cane fa ogni sforzo per trattenerli. Lo vedo, lo vedo! Se gli Dei non aiutano il nostro amico, egli sarà battuto dall’Israelita. — Ma no, non ancora. Guarda! Giove è con noi. Giove è con noi!» —

Questo grido, che uscì simultaneamente da ogni gola Romana, fece tremare il velario sopra la testa del Console. Se era vero che Messala aveva raggiunta la sua massima velocità, il risultato corrispondeva allo sforzo. Lentamente, ma distintamente, egli guadagnava terreno. I suoi cavalli correvano con le teste chinate e i colli tesi; dal balcone sembrava che radessero il suolo: le loro narici parevano schizzar sangue; gli occhi uscire dalle orbite. Certamente i buoni cavalli facevano tutto il possibile! Ma per quanto tempo avrebbero potuto mantenere quel passo? Era il principio del sesto giro soltanto. Volavano. Nel voltare la seconda mèta i cavalli di Ben Hur piegarono dietro il cocchio del Romano.

La gioia dei partigiani di Messala non ebbe limiti: gridavano, urlavano, gettavano per aria i cappelli; e Samballat riempì le tavolette con le scommesse che essi offrivano.