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e scrisse la risposta, parola per parola. Essa era chiara e comprensibile, e conteneva insieme una storia, un’accusa, una preghiera. Una persona comune non avrebbe potuto farne una uguale, ed egli non poteva fare a meno di crederle ed averne pietà.

— «Tu sarai aiutata, donna» — disse, chiudendo la sua tavoletta. — «Ti manderò del cibo e delle bevande.» —

— «E dei vestiti, dell’acqua pura, ve ne preghiamo, o generoso Romano.» —

— «Come desiderate.» — rispose egli.

— «Dio è buono!» — disse la donna singhiozzando — «Possa la sua pace esser con voi!» —

— «Ma» — egli aggiunse» — io non posso rivedervi. Fate i vostri preparativi, e questa sera vi farò accompagnare alla porta della torre e vi libererò. Voi conoscete la legge, addio.» —

Diede gli ordini agli uomini ed uscì.

Poco dopo altri schiavi entrarono nella cella con un gran recipiente d’acqua, un catino, dei tovagliuoli ed un piatto con pane e carne. Portarono pure degli abiti affinchè le donne li potessero indossare, e li posarono per terra ove le prigioniere avrebbero potuto facilmente prenderli allontanandosi subito.

Le due donne furono condotte alla porta e poi lasciate sulla strada, verso la metà della prima veglia. Così il Romano se ne liberò ed esse furono ancora una volta padrone di sè nella città dei loro padri.

Esse guardarono le stelle, belle e lucenti come per lo passato, e si domandarono a vicenda:

— «Cosa accadrà ora? e dove anderemo?» —


CAPITOLO III.


Mentre Gesio, il custode, si presentava al tribuno nella Torre di Antonia, un uomo saliva il declivio orientale del monte degli Ulivi. La strada era scabrosa e polverosa, e la vegetazione all’intorno era bruciata dal sole d’estate. Il viaggiatore poteva dirsi fortunato, non solo perchè era giovane e vigoroso, ma anche per gli abiti leggeri che indossava.

Procedeva lentamente, guardandosi intorno non con