Pagina:Walpole - Il castello di Otranto, 1795.djvu/112

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ruppe lo sventurato giovine, “perocchè le mie colpe non sono, grazie al cielo, in gran numero, nè più gravi di ciò che alla tenera età mia si convenga.” Indi, rivolto al confessore, gli disse: “asciugate le lagrime, o buon padre; facciam presto: questo mondo è troppo perverso, onde non provo alcun dispiacere in lasciarlo.” “Povero ragazzo!” riprese il P. Girolamo, “come puoi tu soffrir di vedermi? io son la cagione della tua morte; io t’ho ridotto a questo passo fatale.” “Padre,” replicò il giovine, “vi perdono con tutto il cuore, e ve ne accerto per quanto desidero d’ottener da Dio misericordia delle mie colpe: uditele adunque, e datemene l’assoluzione.” “Ed in qual modo,” soggiunse il religioso, “poss’io prepararti al transito come dovrei! tu non ti salverai senza perdonare a’ tuoi nemici; ed avrai forza di perdonare a colui che ingiustamente ti condanna!” “Sì,” riprese Teodoro, “sì, gli perdono.” “E tu solo, o crudel principe,” esclamò il religioso, “non ti