Pagina:Walpole - Il castello di Otranto, 1795.djvu/119

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mè!” interruppe il padre, “vorreste dunque che in discapito dell’onor mio, e della mia coscienza salvassi la vita a quest’infelice, a me tanto caro! “Salvar la vita a me?” gridò con modesta fermezza Teodoro, “lasciatemi perir mille volte piuttosto che macchiare il candor dell’anima vostra: e che vuol dunque da voi questo tiranno? è la principessa al coperto da’ costui insulti?... ebbene, proteggetela a qualunque costo, e lasciate pure piombar sopra di me tutto il peso del di lui insano furore.” Sforzavasi il P. Girolamo di raffrenare il nobile orgoglio del giovine, ma prima che Manfredi avesse tempo di replicargli, fu la sua attenzione richiamata altrove da un calpestio di cavalli, e dal suono della tromba, la quale stava appesa fuori della porta maggiore del castello. Nello stesso momento, le piume dell’elmo incantato, che era tuttavia nel cortile, si videro furiosamente agitate, e quasi salutassero chi veniva, piegaronsi tre volte spontaneamente.