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10 quando il dormente si sveglierà


amministrare furtivamente una buona dose di cloralio al suo convitato, agitava la sua mente. — Non ho che del montone freddo, sapete, ma squisito; del vero castrato di Maremma.... E una torta, credo....

Egli ripetè queste parole dopo un minuto di silenzio. L’uomo seduto non rispondeva e Isbister si fermò, col fiammifero in, mano, a contemplarlo. Intanto il silenzio si prolungava: il fiammifero si spense ed egli non prese più la sigaretta.

Certamente quell’uomo era molto calmo, molto tranquillo: Isbister prese la cartella, l’aprì, la posò, esitò, e parve sul punto di parlare.

— Forse, — disse fra sè, incerto.

Dette subito un’occhiata al di fuori, un’altra al suo ospite, poi uscì di camera in punta di piedi voltandosi indietro ad ogni passo per spiare il suo compagno.

Chiuse la porta senza far rumore: tutte le uscite esteriori erano aperte. Oltrepassò il portico e si fermò davanti al piede di un aconito all’angolo di un’aiuola; di là egli poteva vedere, dalla finestra aperta, lo sconosciuto silenzioso e taciturno che non si era mosso, sempre seduto colla testa fra le mani.

Alcuni ragazzi, passando per la strada, si fermarono a guardare curiosamente il pittore che scambiò il buon giorno con un barcaiuolo. Ad un tratto gli venne in mente che il suo atteggiamento circospetto poteva sembrare strano e inesplicabile. Era meglio se si metteva a fumare; infatti tirò fuori la borsa da tabacco, e lentamente caricò la pipa.

— Io mi domando, — cominciò con un’impercettibile ombra di soddisfazione, — in ogni modo, bisogna offrirgliene il destro....

E sfregò forte un fiammifero, per accender la pipa.