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L’eco del tumulto 37


do staccò le mani dalla faccia vide presentarsi un altro bicchierino di quel fluido tosato che vuotò d’un fiato e il cui benefico effetto fu anche questa volta quasi immediato. Subito dopo aver bevuto cominciò a piangere liberamente.

Tale sfogo gli procurò un gran sollievo. A traverso le lagrime osservava i suoi compagni, e improvvisamente scoppiò in una sciocca risata.

— Ma.... due.... cento.... anni, — esclamò.

E dopo una smorfia convulsa si nascose la faccia fra le mani. Dopo alcuni momenti divenne più calmo i allora si sedette colle mani sulle ginocchia, in un atteggiamento quasi simile a quello nel quale lo aveva trovato Isbister sulla roccia di Pentargen. Poco dopo, la sua attenzione fu attratta da una voce forte e imperiosa e dai passi di un personaggio che si avanzava.

— Che cosa fate voi? Perchè non mi avete avvertito? Avreste potuto facilmente prevederlo. Guai al colpevole....

Bisogna lasciare in pace quell’uomo. Le porte, sono chiuse? Tutte le porte? Bisogna assolutamente lasciarlo in pace e non dirgli niente. Gli è forse stato detto qualche cosa?

L’uomo dalla barba bionda fece una riflessione a bassa voce; e Graham, guardando al di sopra delle spalle di lui, vide venire un personaggio di bassa statura, grosso, grasso e imberbe, dal naso aquilino, dal collo largo, dal mento pronunciato. Folte sopracciglia nere, leggermente oblique, che si ricongiungevano quasi al di sopra del naso, oscuravano degli occhi di un grigio scuro che davano alla sua fisonomia un’espressione spaventosa e bizzarra.

Fissò Graham con aria minacciosa, poi, bruscamente si rivolse all’uomo dalla barba bionda.