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spondeva al nome di Gigi... quando ne aveva voglia.
Siccome la sora Aspasia degna consorte dell’integerrimo Attanasio Battisola, era piuttosto abbondante di forme, e nella bottega non c’entrava, così la si contentava, povera donna, di starsene per istrada a far la calza, per dir male con le vicine della moglie del sindaco.
L’avevano desiderato a lungo, quel benedetto figliuolo! Oh! se l’avevano desiderato! Sfido: come si fa a concepire una famiglia senza ragazzi? L’onesto ciabattino, dopo tutto, non stava mica male; poteva dirsi anzi un signoretto: guadagnava alle volte anche sei soldi al giorno, e non ne aveva nè pure per dar da mangiare a Gigi, il quale era costretto di compare alle spalle del salumaio accanto: e poi, figurarsi, in paese il sor Attanasio lo chiamavano pomposamente il re dei disperati. Un figliuolo sarebbe stato proprio il cacio su i maccheroni! Se no, a chi avrebbero lasciato tutti i tesori di famiglia? A chi le forme? A chi le lesine? A chi gli spaghi? A chi la pece? A chi... i chiodi?
Proprio sul limitare della vecchiaia, il desiderato figliuolo venne. Sicuro. E siccome la mamma, sbadatamente, prima di metterlo alla luce, andò a vedere il pappagallo, anzi, il kakatoa, che aveva portato dall’America il figliuolo