Pagina:Zamboni - Pandemonio - Il bacio nella luna, Firenze, Landi, 1911.pdf/17

Da Wikisource.

dare alla stampa è qui dato. Dove qualche segno ci avvertiva dell’ordine de seguire, fu seguito. Dove no, la conoscenza nostra della mente dello scrittore, il quale ebbe in vita ad esprimere il desiderio che a ridurre a compimento la pubblicazione, ove egli non avesse potuto, fossimo state noi, la sua diletta compagna ed io, valse ad orienterci. Ma qui non v’è, ripeto, che la parola sua; come vi è la sua ortografia, la sua interpunzione, supplito solo da noi quando quella per avventure assente. Alla sua ortografia, in qualche caso speciale, Filippo Zamboni tenne in particolar modo; a raddoppiamenti musicali di consonanti che modernamente si elidono. “Perchè sacrificare un suono, un’armonia della pronuncia italica!” soleva dire. Se talora semplificò pur egli, fu involontariamente, per fretta di scrivere. Tenne d’usare a suo grado di maiuscole e di minuscole; tenne a certe legature di nomi e qualifiche o numeri in quelli compresi. Così sempre scrisse Sangiusto, con voce unica; e Pionono e Piodecimo; nè fu raro il caso che nella correzione delle bozze di stampa ebbe a inquietarsi e lottare col proto ossequente all’uso comune.

Inezie; ma i censori delle inezie sono appunto numerosi assai più dei critici perspicaci. Verso questi ultimi non abbiamo duopo di ulteriori delucidazioni. Per quegli altri non avremmo naturalmente finito mai. Stimammo anche inutile d’aggravare il testo, bizzarro e libero nel suo andere, con nostre note o richiami o altri appunti.

Vienna, nel marzo del 1911.

Elda Gianelli.