Pagina:Zamboni - Pandemonio - Il bacio nella luna, Firenze, Landi, 1911.pdf/16

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fieramente sconvolte per troppa foga d’animo e impazienza febbrile di mano, che gli faceva spesso adoperare, per far più presto, segni stenografici tutti suoi propri, geroglifici assoluti a non iniziati.

Dunque il Pandemonio era un libro fatto per l’una metà, mentre da elaborarsi l’altra metà rimaneva; delineata però e divisa in tutte le sue parti principali. L’avvenimento più grande e più amaro del secolo, la distruzione orrenda di Messina e di Reggio, non rettorico strazio d’un vero cuore italico, sopraffece lo scrittore e mutò l’ordine (l’ordine che vi poteva essere in quello che non per capriccio ma perchè in effetto trambusto di sentimento e di fantasia intitolò Pandemonio), mutò, diciamo, l’ordine dell’opera, sì che l’autore volle intromettere il capitolo deplorante la sventura immane nelle parti del libro, già se non tutte composte, segnate, non riserbarlo alla fine.

Ed avvenne che, appena tracciato il nuovo piano, senza poter correggere nè disporre il materiale fresco ed il non ancora stampato, la morte rese inerte la mano, sola a possedere la chiave della futura armonia, e vorrei dire economia, del volume. Così quello che va dalla pagina 356 alla pagina finale (tolto il Fonografo e le Stelle, in origine una conferenza pubblicata già in opuscolo) è testo frammentario, cui egli solo avrebbe potuto dare la forma e la disposizione finale più acconcia, rimaneggiando, correggendo, mutando, aggiungendo dal tesoro delle sue memorie.

Noi, compilatrici, ci attenemmo ai dati ritrovati, fedeli con scrupolosa coscienza alla parola sua. Non ci fu selezione, o arbitrio d’accettazione o di rigetto, d’accomodamento, di vagliature. Tutto quanto fu possibile