Pagina:Zamboni - Pandemonio - Il bacio nella luna, Firenze, Landi, 1911.pdf/390

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Una volta, sopra lo scoglio di Scilla, torreggiava la rocca di un re tiranno; poi d’un barone feudatario, contro alla quale il mare stesso in un momento di sdegno fece vendetta e la demolì. — O divo Nettuno padre, perciò io ti adoro e ti ringrazio. —

Sotto ad essa un re ne’ suoi ozj, e per suo spasso, godendo di vedere un corpo umano donde tutti i muscoli, i nervi si incordano, le vene, le carni livido-paonazze si agitano fra vita e morte, per strapparsi dal giro del vulcano delle acque e sommergersi nell’ignoto, imperioso provocando un palombaro, gittò nel mare una tazza d’oro a ludibrio dell’umanità. E alla Sacra-Maestà non bastò sentire e mirare quegli spasimi, ma, ripetendo il giuoco, fece che l’esausto annegasse per divertire gli augusti suoi occhi. E i poeti cantarono, trovando magnifica la scena che un re volle l’impossibile e un palombaro fosse obbediente. Codesto devoto che si affonda, è personaggio storico, chiamato Colla, famoso per il suo coraggio. Quale orpello per la poesia servile romantica: una tazza d’oro che certo non costava nulla a codesto re burlone, e un secondo salto mortale nel mare!

Oggi il suddito e non suddito, rifiutando l’oro, direbbe: Se tanta vaghezza t’ha preso di sapere di quelle profondità perdute, saltavi dentro tu, ovvero: sommergiamoci assieme senza ritorno. Così pensò Agesilao Milano che voleva andare all’inferno col Borbone, nell’uscire dai ranghi e dargli una bajonettata che colpì in fallo, cioè scivolando dalla méta andò a ferire la coscia del cavaliere.

Ma certi capricci di femmine d’animo vile, spesso sono delittuosi come i reali che ora vedemmo. At-