Pagina:Zamenhof-Meazzini - Origine dell'Esperanto, 1909.djvu/10

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del latino e del greco, e notai allora che la ricchezza di forme grammaticali, non è indispensabile per un linguaggio.

Dominato da questa, cominciai a rintracciare le forme inutili e a rimuoverle; in tal guisa la grammatica si fondeva nelle mie mani come un pezzo di ghiaccio, e divenne così piccola che poteva essere racchiusa, senza svantaggio alcuno per la lingua, in pochissime pagine.

In tal modo cominciai di proposito a dar corpo al mio sogno, ma la mole dei vocabolari non mi lasciava tranquillo.

Un giorno, quando frequentavo la sesta o settima classe ginnasiale, mi cade l’occhio sopra un’insegna ove leggevasi Svejcarskaja (osteria), che io avevo veduto molte altre volte, e poi su una che diceva Konditorskaja. Questo suffisso -skaja (come gli italiani aria, -eria, -ficio, -aio ecc) mi palesò che le terminazioni offrono la possibilità di derivare da una sola molte altre parole, che altrimenti bisognerebbe imparare a memoria ad una ad una. Questa idea si impossessò della mia mente, e mi parve di aver messo il piede a riva, poichè su i terribili vocabolari brillò un raggio di luce, ed io li vidi rapidamente impicciolire.

Allora esclamai: «il problema è risolto»

E tosto mi posi a lavorare intorno all’idea dei suffissi, e compresi il grande valore di questo aiuto in una lingua artificiale, mentre nelle lingue naturali è solo parziale, irregolare, incompiuto ed incerto. Incominciai a paragonare tra loro le parole, a cercare le relazioni costanti e definite che intercedono fra le medesime, ed ogni giorno io allontanava dal dizionario una grande quantità di vocaboli sostituendo ad essi un suffisso indicante una pre-