Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
193 |
Æstivum si saepe tuis virum addidit undis
Quae fluit e mestis flebilis unda genis;
Unum oro, vitrea referas sub imagine formam,
Cui libem arcanas ad pia vota faces.
Ab renuis! nunquam mihi fiumina dura putaram,
Sed Mare, quod duro e marmore nomen habet.
At Dea saeva docet sic te durescere, quando
Forma nitet liquidas durior inter aquas.
Prodigus usque oculis imbres tibi largiter, illi
Prodigus effudi corde fiagrans animam.
Attamen illa sui mihi semper amoris avara est,
Et mihi tu formae, qua praeit illa Deas.
Fiume, che all’onde tue Ninfe, e Pastori
Inviti con soave mormorio,
Al cui consiglio il biondo crin vid'io
Spesso Fillide mia cinger di fiori,
5Se a tuoi cristalli infra gl’estivi ardori
Sovente accrebbi lagrimando un Rio,
Mostrami per pietà l’Idolo mio
Ne’ tuoi fugaci argenti, ond’io l’adori.
Ah tu mel nieghi! io credea duri i Mari,
10I Fiumi nò: ma tu dallo splendore,
Che in te si specchia, ad esser duro impari.
Prodigo a te degl’occhi, a lei del cuore
Fui sempre e sono, e voi mi siete avari,
Tu della bella immago, ella d’amore.
V1
Guarda, mi disse, e in dolce atto cortese
Mostrommi Amor leggiadra copia eletta;
E non mai, disse, ebbe la mia saetta
Scopo più degno, e più bel foco accese.
5Non v’ha, soggiunse, in quest’almo paese
Più chiari spirti, e in van da voi s’aspetta
Nodo miglior, che più cara e diletta
Coppia quaggiù dal Ciel unqua non scese.
- ↑ Per le Nozze de’ Duchi della Torre.