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III1
Or, che la rende al gran culto primiero
Tua benefica destra, o gran Clemente,
Sembra, che umìl s’inchini, e riverente
L’alta Mole contempli il Tebro altero,
5Ei, che solea già minaccioso e fero
Stragi portando alla Romulea gente,
Ir sulle sponde ad atterrar sovente
Le tombe e i templi del Romano Impero;
Or lieto esulta a queste Rive intorno,
10Memore ben dell’immortal Pastore,
Che a Maria questo eresse almo soggiorno;
E te veggendo ancor, che non minore
Di lui, qua riedi in così lieto giorno
Nuovo al bel Tempio suo crescendo onore.
IV
Il primo albor non appariva ancora,
Ed io stava con Fille al piè d’un orno,
Or’ ascoltando i dolci accenti, ed ora
Chiedendo al Ciel per vagheggiarla il giorno.
5Vedrai, mia Fille, io le dicea, l’Aurora
Come bella a noi fa dal mar ritorno,
E come al suo apparir turba e scolora
Le tante Stelle, ond’è l’Olimpo adorno.
E vedrai poscia, il Sole, incontro a cui
10Sparian da lui vinte e questa e quelle:
Tanta è la luce de’ bei raggi sui.
Ma non vedrai quel che io vedrò, le belle
Tue pupille scoprirsi e far di lui
Que, ch’ei fa dell’Aurora e delle Stelle.
V
Dov’è quella famosa alta e superba
Mole, che surse un tempo in sul confine
- ↑ Per il ristoramento di S. Maria in Cosmedin, Coronale alla Santità di Nostro Signore Papa Clemente XI.