Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
303 |
E disse: il guardo tuo segua il mio strale.
Scoccò, ferimmi, e il sangue, ond’ei mi tinse,
Fè a lei noto il mio volto, ed il mio male.
VII
Quel dì, che tua mercè, cortese Amore,
Pur c’incontrammo e Cintia ed io soletti,
I miei caldi pensier nel cuor ristretti
Già tra lor si premean per uscir fuore.
5Ma il girar de’ bei rai, col suo fulgore
Ruppe a mezzo il cammin sul labbro i detti,
Sicchè la piena de’ commossi affetti
Tornommi indietro a ricader sul cuore.
Ammutolii, tremai. Tanto più intese
10Ella quanto io men dissi, e lieta in viso
La gloria sua nel mio timor comprese.
Poi volta a me con placido sorriso,
La bella man mi porse. Oh Amor cortese,
Muto a tempo mi festi; or lo ravviso.
VIII
La mia bella Avversaria un dì citai
Del Monarca de’ cuori al tribunale;
E a lei, quando comparve, io domandai,
O il mio cuore, o al mio cuor mercede eguale.
5Chi te ’l niega? di lui nulla mi cale,
Rispos’ella, volgendo irati i rai,
Indi a terra il gettò mal concio, e tale
Che più quel non parea, che a lei donai.
Allora io del mio cuor lacero e guasto
10I danni protestai, ma il giusto Amore
Che mal soffrìa di quell’altera il fasto,
Pensò; poi disse: Olà, che si ristore
De’ suoi danni costui senza contrasto:
Donna, in vece del suo dagli il tuo cuore.
IX
L’Amar non si divieta. Alma ben nata
Nata è sol per amar, ma degno oggetto
Ella però, pria che da lei sia eletto,